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Misurare la temperatura: termocoppie o termoresistenze?

Scritto da GM International | 21 mag 2020

La misura della temperatura è alla base di molti parametri industriali quali l’efficienza e il consumo energetico di un processo, l’ottimizzazione delle risorse, la durata degli impianti e dei macchinari.

In numerose applicazioni industriali esiste la necessità di utilizzare un’ampia gamma di apparecchiature di monitoraggio, controllo e regolazione della temperatura con requisiti di affidabilità, precisione e ripetibilità. Dal punto di vista degli strumenti di misura della temperatura distinguiamo sensori e trasduttori per misure a contatto e per misure a distanza. Alla prima categoria appartengono i dispositivi maggiormente diffusi: termoresistenze, termocoppie, termistori, sensori integrati, termopile, termometri bimetallici e altri dispositivi. Alla categoria dei sensori per misure a distanza o senza contatto appartengono pirometri, termocamere, sensori a raggi infrarossi. Questi strumenti trovano applicazione nelle misure di oggetti (o materiali) in movimento, inaccessibili, dotati di scarsa conducibilità termica, bassa capacità calorifica e temperature elevate. Ovviamente i campi e limiti di impiego sono strettamente legati alla tecnica di misura impiegata.

Termocoppie e termoresistenze sono comunque i sensori di temperatura più utilizzati in ambito industriale. Anche per questa ragione sono disponibili sul mercato numerosi regolatori, datalogger, moduli di acquisizione, convertitori ripetitori, trasmettitori dei segnali provenienti da queste due classi di sensori. G.M. International ne propone diversi modelli nelle Serie D1000 (D1072S, D1072D, D1073S), D2000M (D2010M, D2011M), D5000 (D5072S, D5273S) e D6000 (D6072S, D6273S).

 

                                            Tab.1 Comparativa TC - RTD

 

Termocoppie 

Le termocoppie sono tra i sensori di temperatura maggiormente utilizzati perché economiche, facilmente sostituibili, standardizzate e adatte a misurare un ampio intervallo di temperature. Il loro limite principale è l’accuratezza, in quanto sono difficili da ottenere errori sistematici minori di un grado centigrado. Inoltre le termocoppie sono dispositivi non lineari.

Il principio di funzionamento della termocoppia fu scoperto nel 1821 da Thomas Johann Seebeck. Lo scienziato estone scoprì che in un circuito formato da due conduttori di natura differente, sottoposto a un gradiente di temperatura, si instaura una differenza di potenziale. È questo fenomeno, chiamato effetto Seebeck, ad essere sfruttato dalle termocoppie.

Per realizzare una termocoppia si possono usare vari tipi di metalli (Nickel, Cromo, Ferro, Rame, Platino, Tungsteno, Silicio, Alluminio, Renio), ma a livello professionale e industriale la scelta dei metalli è legata a norme e standard (IEC EN 60584-1, ITS90) consolidati, i quali consentono di prevedere le tensioni generate dalle termocoppie e di operare con ampi range di temperatura. Sfortunatamente non è possibile collegare un voltmetro alla termocoppia per misurarne la tensione, perché questo contatto genererebbe inevitabilmente un’altra giunzione spuria. Per poter eseguire misure di una certa precisione questo effetto va compensato usando una tecnica specifica denominata CJC (Cold Junction Compensation). Questa tecnica si basa sul principio che un terzo metallo inserito tra i due metalli disuguali della giunzione di una termocoppia non determina alcun effetto, posto che le due giunzioni siano alla stessa temperatura (legge dei metalli intermedi).

Sul mercato sono disponibili una grande varietà di sonde per i più diversi utilizzi industriali, scientifici, alimentari, medicali ecc. Quando si scelgono le termocoppie è bene assicurarsi che il connettore sia compatibile con lo strumento di misura. Bisogna inoltre considerare i valori di temperatura da misurare, l’isolamento e le caratteristiche costruttive della sonda. Tutti questi fattori hanno effetto sulla precisione e sull’affidabilità delle letture.

 

Termoresistenze

Insieme con le termocoppie, le termoresistenze o RTD (Resistance Temperature Detector) sono i sensori di temperatura più diffusi. La termoresistenza è un trasduttore che sfrutta la variazione della resistività dei metalli in funzione della temperatura. Essa è costituita da elementi resistivi caratterizzati da un coefficiente di temperatura della resistività positivo e di modesto valore.

Le termoresistenze sono costruite con materiali metallici anti-induttivi come il platino, il nichel, il rame ecc. La correlazione tra resistenza e temperatura e rappresentata da un polinomio matematico di ordine superiore. Nel caso del platino l’equazione utilizzata è quella di Callendar-Van Dusen (corretta in base alla scala di misura IPTS 68):

R = R0 [1 + At + Bt2 + C ( t-100) t3],

dove A, B e C sono costanti dipendenti dalle proprietà del platino utilizzato per realizzare il sensore e R0 è il valore della resistenza alla temperatura di 0 °C (pari a 100 Ω e 1000 Ω nel caso delle resistenze al platino denominate Pt100 e Pt1000 rispettivamente).

Le termoresistenze al platino garantiscono prestazioni superiori in termini di precisione, linearità della risposta, durata nel tempo, campo di misura. Ne esistono due categorie: a film sottile e a filo avvolto. I sensori a film si realizzano deponendo, sottovuoto, un sottilissimo strato di platino su un substrato di ceramica di pochi millimetri quadrati. Gli elementi a filo avvolto sono costituiti da una lunghezza di filo di platino sottile avvolto intorno a un nucleo di ceramica o di vetro.

Poiché i termometri a resistenza appartengono alla categoria dei termometri di contatto, è necessario adattare le armature di protezione agli scopi di utilizzo e alle condizioni di installazione. Esistono in commercio diversi tipi di termoresistenza, generalmente abbastanza resistenti agli agenti corrosivi. Essi possono misurare temperature in un ampio intervallo di temperatura (anche se inferiore a quello delle termocoppie) e soprattutto hanno un’ottima linearità. I limiti principali dei sensori RTD sono costituiti dalla bassa sensibilità, dal costo talvolta elevato, dalla impossibilità di essere usati per misure puntuali, dall’influenza delle resistenze di contatto, dalla sensibilità agli urti e alle accelerazioni.